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Sab, Apr

Sferza Silvana - Critica

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SIMONA BARUCCO

Scrive e collabora per «Flash Art», «Arte & Critica», «Juliet»

L’ultimo ciclo di lavori di Silvana Sferza rappresenta visivamente tutto questo. La capacità di integrare pittura e scultura insieme, grafica e installazione, dirige lo sguardo di chi osserva in più direzioni interpretative. Si colgono, così, riferimenti etnici e poetici, legami con la territorialità partenopea, influssi e citazioni di rara delicatezza. Saturo di ori e di argenti, di eco bizantine, di costanti passaggi a sud-est declinati all’infinito a colpi di spatola e pennello, come tessere musive che riordinano il presente, attraverso un segno analitico che azzera ogni possibilità di errore, il Margine si allarga comprendendo tutto. Non esistono scissioni, contrapposizioni, in questo spazio dimensionato della nostra esistenza. Il Margine Orientale è armonia assoluta.


DONATELLA GALLONE

Scrittrice, giornalista di «Napoli più»


Anima e istinto il potere delle donne.

Donne. Emergono dalla sabbia. Le sue minuscole venti statue nere dall’impronta primitiva.

Fili di un immenso tessuto. Che splende, brilla, si riflette in altri simboli di civiltà affondate nel passato: egizia, sumera, inca…. E in lunghe e strette tavole….. Dove abita l’unico linguaggio che può salvare il mondo dalla distruzione, quello femminile. Radice della vita.

Cerca nel cuore il suo cammino. E scopre il potere dell’anima. Donna Messaggera della terra. Che le regala istinto, forza, passione, amore.

Questa donna suggerisce ombre, contorni, figure.

Che si adagiano sulle tele di Silvana Sferza all’Ipogeo dell’Annunziata nel centro di Napoli.


MARCO DI MAURO

Giornalista


Un sotterraneo che sa d’Oriente.

Silvana Sferza trova rifugio in una pittura astratta, onirica, sacrale, in cui le ansie e i disagi interiori sono stemperati in un linguaggio composto ed armonico.

L’imposizione del colore sul fondo dorato esprime la presenza rassicurante dell’essere sul non essere, della vita sul nulla.

La percezione delle linee serpentine, dei cromatismi brillanti, dei riflessi dorati si traduce in esperienza psicologica, che fa risuonare il tempo e la sacralità del mito.

Attraverso un segno analitico e un sapiente uso del colore S.S. traduce sulla tela la superiore coscienza dell’essere, che non è suscettibile di espressione diretta.


IRENE MANCO


Scenari dell’universo femminile.

Fili di un immenso tessuto. Che splende, brilla, si riflette in altri simboli di civiltà affondate nel passato: egizia, sumera, inca…. E in lunghe e strette tavole….. Dove abita l’unico linguaggio che può salvare il mondo dalla distruzione, quello femminile. Radice della vita.

Cerca nel cuore il suo cammino. E scopre il potere dell’anima. Donna Messaggera della terra. Che le regala istinto, forza, passione, amore.

Questa donna suggerisce ombre, contorni, figure.

Che si adagiano sulle tele di Silvana Sferza all’Ipogeo dell’Annunziata nel centro di Napoli.


ANA GARCÍA

Giornalista


Silvana Sferza propone in questa mostra un viaggio.

Un itinerario lungo la nostra genesi e archetipi di donna che furono sepolti nell’oscurità della notte dei tempi. Un percorso per recuperare l’istinto e la capacità visionaria della donna.

Incontrare la Dea che risiede nel profondo di ogni donna è incontrare un essere naturale e selvaggio, dotato di grande forza e formato da istinti, passioni, creatività e ancestrale sapienza. Una donna capace di vedere nel buio. Capace di guardare di fronte il sole.


ROSARIA MORRA

Giornalista


Abiti eterei come sculture oniriche

La poliedrica artista napoletana espone presso il Museo del Tessile e dell' abbigliamento "Elena Aldobrandini" le sue oniriche ed eteree creazioni, veri e propri esperimenti nella cultura della moda. Abiti-sculture curati in ogni dettaglio, esaltati da particolari eccentrici.

L' immancabile provocazione, l'abito da sposa che si impreziosisce di pomodorini freschi e vuole il velo trapuntato di verdi foglie di basilico "perchè - spiega l'artista - sono sposata con la cultura della mia città"


VIOLETTA LUONGO

Giornalista


La sposa veste di rosso. Pomodoro

Gioco di parole, gioco di mani, gioco di arte. La Fondazione Mondragone - Polo regionale della moda - museo del tessile e dell’abbigliamento “Elena Aldobrandini” (piazzetta Mondragone 18, Napoli), ospita fino al 23 ottobre la mostra di Silvana Sferza dal titolo “InVesto l’arte”.

Artista poliedrica, la Sferza ha percorso varie strade del mondo creativo, pittura, scultura e video arte, raccontando spesso l’universo magico della donna. Questa personale è un esperimento nella cultura della moda. Più che una collezione di abiti, una quindicina, le opere sono una provocazione dell’effetto del colore nel tradizionale abbigliamento femminile, che mette in risalto la ricerca delle impressioni della luce sulla materia dei vari tessuti.

Con divertente e subliminale gioco tra ciò che è vero e ciò che appare vero, le eleganti sale dell’istituto appaiono vissute e percorse da dame che sfilano con abiti originali e unici: un abito da sposa arricchito e impreziosito da (apparenti) rubini e smeraldi che svelano presto la loro natura: semplici e freschi pomodori, accompagnati da foglie di basilico.

L’obiettivo di un vestito da sposa, spiega la Sferza è “essere indossato per poche ore. Quindi i pomodori non hanno il tempo di maturare e cadere”.

Attraverso i suoi improbabili vestiti, l’artista crea un percorso tra storia e modernità, luoghi lontani e spazi cittadini, che evocano ricordi di un viaggio tra il Mediterraneo e i paesi esotici.

Tra gli abiti, spuntano dipinti e sculture che la Sferza ha creato negli anni, indagando le trasformazioni dell’emisfero della donna: dalla Mater matuta alla femme fatale klimtiana. Una miscela omogenea e coerente tra l’arte tessile, pittorica e scultorea: scenografici e sfarzosi abiti che si fanno scultura, stendardi da parete che sono bassorilievi creati su tessuti di lino e poi piccole sculture in ceramica raku.

Nel futuro dell’artista: una collezione di cappelli degli anni ’50 e ’60 da proporre all’istituto e un progetto sul riciclaggio dell’abito, assemblando tra loro materiali da risulta e riadattando vestiti difettati o già usati.

La Fondazione stimola la ricerca, lo sviluppo, la crescita culturale e la valorizzazione della tradizione artigianale meridionale nel settore del tessile e dell’abbigliamento. Nel laboratorio si curano l’aspetto creativo e la sperimentazione tessile: partendo dalla ricerca di nuovi materiali e originali soluzioni di design, si arriva alla produzione di un’interna collezione.


MARCO PRATO

Giornalista


Sferza, sculture da indossare

La passione per l’arte si sviluppa già in tenera età. “Ho iniziato da piccola a essere un soggetto creativo. Prendevo ogni tipo di materiale e ne combinavo di tutti i colori”. Oggi, Silvana Sferza, ha un atelier tutto suo in via Martucci 49 e i suoi video girano per il mondo, da Cagliari a Miami, da New York a Mosca. Poi, dipinti, sculture e gli abiti d’artista.

Il video è la tua ultima passione… una passione che ti ha portato oltreoceano…

“Lavoro col computer da anni, un Mac. E la macchina mi permette di realizzare video. Video che sono piaciuti molto e che ora stanno viaggiando. Il clip “Air”, per esempio, nacque per un festival di New York dedicato all’urbanistica. Da un punto sopraelevato di Napoli filmai le auto che transitavano. Fermai la scena e quel pezzo di strada d pochi metri è diventato un video.

Un tuo tratto distintivo è rintracciabile nei vestiti/scultura, esposti tempo fa alla Fondazione Mondragone…

“Alcuni nascono come provocazione. Penso all’abito da sposa barca o quello con i pomodori. In generale, vogliono rompere i canoni dell’abito tradizionale per indossare una scultura. Tutte le mie creazioni possono essere indossate. I primi abiti che trasformai, erano miei vestiti che non mi soddisfacevano. Li dipinsi per farli belli. Sono piaciuti e ho cominciato a farne altri, ma li creo per divertimento, non in serie. La persona che lo indossa deve sapere che sta indossando un pezzo unico”.

Dove prendi gli abiti da trasformare?

“Io sono per il riutilizzo. Da sempre. Riutilizzare è dare nuova destinazione. Riutilizzare mi piacerebbe, ma se qualcuno li vuole acquistare, non mi sembra corretto vendere un vestito usato. Ho quindi una sarta che realizza gli abiti partendo dai miei disegni”.

Che studi hai fatto?

“Ho frequentato il liceo artistico quando era in via Costantinopoli, ospite dell’Accademia. Erano anni molto politicizzati e subivamo il fascino dei nostri ospiti, li vedevamo come guida. Insieme abbiamo portato avanti diversi progetti. Finito il liceo, ho viaggiato alla ricerca di esperienze artistiche. Poi sono tornata a Napoli e ho iniziato a lavorare lo studio di architettura del professor Beghinò. Il disegno tecnico mi ha insegnato molto. In quel periodo mi fu commissionata una via crucis per una chiesa. Così mi scontrai con i miei limiti nella scultura e mi iscrissi all’accademia, dove sono stata allieva di Perez”.

Che ricordo hai di lui?

“Era un maestro sfuggente, dal carattere chiuso. In quattro anni ci avrò parlato due o tre volte. Mi ha aperto nuove strade, mi ha indirizzato artisticamente e mi ha fatto conoscere il mio mito: Ertè. Perez mi spiegò che questo artista creò delle carte molto particolari. Incuriosita, le cercai. Trovate, le presi per entrambi. Questo dono lo imbarazzò. Dopo qualche tempo mi chiamò nel suo studio e mi regalò delle carte antiche di Bersley, il maestro di Ertè”.

Progetti futuri?

“Un libro dedicato alla pittura su vestito. Il titolo è “Investo l’arte”, che è lo stesso della mostra alla Fondazione Mondragone. Ho raccolto foto, disegni e quello che non si è visto all’esposizione. Al libro è allegato un dvd con alcuni momenti dell’inaugurazione. Per ora, ho stampato tre copie di prova. Ho chiesto finanziamenti e sono in attesa. Poi sto preparando un nuovo video e un lavoro sulla donna che si dovrà svolgere in un posto abbastanza grande. Ma non posso dire di più”.


ROBERTA DEL VAGLIO

Giornalista


Cappelli, cappelli, cappelli. Colorati, ironici, eleganti, da giorno e da sera, classici e d'avanguardia, ornamento bizzarro o diktat del galateo, mai dimenticati anche se passati un pò di moda, sono in mostra da stasera in Via Martucci, nel laboratorio di Silvana Sferza, artista e collezionista.

Più di cinquanta esemplari, realizzati dagli anni '30 a oggi dalle sapienti mani degli artigiani che nel tempo hanno interpretato e inventato mode e stili. Non a caso, proprio nella prima metà del secolo scorso, i modelli divennero più dispendiosi, seguendo la tradizionale tendenza femminile della moda, e nascevano anche creazioni artistiche, pezzi unici, lavorati a mano dalle modiste.

Silvana Sferza mette in mostra il suo tesoro, dopo aver proposto un piccolo assaggio l'anno scorso, quando nella sua vetrina ne aveva esposti alcuni esemplari.

"La cultura del cappello si è un pò persa " spiega " ma in realtà si tratta di un oggetto che le donne continuano ad amare, quando parlo della mia collezione i commenti sono sempre appassionati".

La sede della mostra è il laboratorio Artic49 dove la Sferza ha il suo studio d'arte e il marito crea caleidoscopiche vetrate artigianali.

Oltre alla collezione sarà presentato anche un video che mostrerà oltre 250 cappelli di ogni epoca e foggia: un documento straordinario di storia della moda e di alto artigianato. E se l'etichetta non impone più il capo coperto, lo stile invita alla sperimentazione e alla personalizzazione della mise, magari con un copricapo d'epoca.