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Sab, Dic

Scolavino Quintino

Scolavino Quintino

Nasce a Bagnoli-Irpino nel 1945. Dagli inizi degli anni ‘50 vive a Napoli dove la famiglia si è trasferita. In questa città (dal ‘59) frequenta il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti. Alla sua formazione contribuisce Luca/Luigi Castellano ed un continuo, intenso dibattito, che lo lega ad alcuni giovani artisti napoletani.

Produttore politecnico/versatile di oggetti in “forma d’arte” è nel 1966 tra i fondatori del “GRUPPO STUDIO P.66” (Luca, Brancaccio, Davide, Del Vecchio, Desiato, Maraniello, Marino, Pappa, Scolavino, Trapani) e nel 1995 tra i fondatori della comune “OROLOGIO AD ACQUA”. Protagonista della “Nuova scultura italiana ed europea”, e’ presente in numerose esposizioni in Italia, Australia, Unione Sovietica, Spagna, Yugoslavia, Belgio, Polonia, Venezuela, Messico, Giappone, Svizzera, Olanda, Egitto, Turchia, Grecia, Germania, Austria, Cecoslovacchia, Principato di Monaco. Con il Gruppo Studio P.66 redige il Manifesto dell’UNIFILM ed attiva show-off in varie città.

Nello stesso periodo collabora alla rivista “NO” (Nuovo operativo di comunicazione di massa e Cultura di Classe) diretta da Luca e partecipa, in seguito, ad alcune mostre della Prop-Art (Libreria Guida, Napoli, X Quadriennale di Roma, Galleria Civica d’Arte moderna, Torino).

Nel 1968, con Del Vecchio, presenta al Teatro ESSE di Napoli lo spettacolo-oltre “La presa del comodino” con testo di Pierre Restany.

Nel 1969 attiva i “CAVALLETTI RELATIVI”, le cui tematiche sono mutuate da particolari interventi intorno alla “deformazione del segno” che si offre alla simultaneità nella coincidenza del tempo-scrittura e del tempo-lettura.

I “SERVOMECCANISMI“ (integrazioni virtuali ante litteram dell’umano), prodotti dal 1969 al 1975, introducono la “meccanica dei sensi”: strumenti d’ausilio al vivente che ne modificano per traslazioni le ragioni e l’aspetto. Un uomo, avendo contratto l’IGENURITIA-GRAVE (impossibilità di comunicare con i simili) viveva da solo in un appartamento di tre stanze e servizi al centro della città. Il suo naso non percepiva gli odori, le sue orecchie i suoni, i suoi occhi non vedevano che aberrazioni. Fu così che un giorno decise di aprire il pacco inviatogli in dono alcuni mesi prima dal GRANDE UOMO CHE POTEVA TUTTO. Il dono, coperto di polvere, giaceva a terra al centro della prima stanza; lo raggiunse carponi ed, infine, dopo vari ed inutili tentativi, ne trasse uno splendido SERVOMECCANISMO- INTEGRAZIONE DEGLI ORGANI SENSORIALI. Indossato questo, potè finalmente partecipare alla vita collettiva. (Quintino Scolavino, 1969)

Nelle false tele antiche (dal 1974 al 1977) introduce costruzioni-ostruzioni , per passaggi minimali dell’agire quotidiano, mediate da cancellazioni-destrutturazioni. (cfr. “Storia dell’Arte presente” L’Arte in America ed in Europa dal ‘45 ad oggi. Editori Riuniti).

Aderisce al Cayc di Buenos Aires partecipando agli “Encounter on video” (Fundacio Joan Mirò, Barcellona, 1976)–(I.C.C., Antwerpen)–(Museo de Arte Contemporaneo, Caracas, 1976)–(Museo Carrillo, Città del Messico, 1977)–(Japan National Committee, Tokio, 1978).

“Neos mitos – Ighenuritia” è il titolo della mostra alla Galleria Numerosette di Napoli (dic. ‘80) Espone a “Terremoto” (Castel dell’Ovo, Napoli 1981) ed in seguito alla Rassegna “L’Oggetto Manifesto, ovvero la nuova scultura italiana” curata da Luciano Inga-Pin, 1981. (…volutamente banali e decorativi, ironici e scanzonatori, questi nuovi Oggetti sono in realtà più “seri” di certe sculture che l’attuale spreco consumistico ha relegato nelle cantine, perchè, tutto sommato, non sono le “copie” di nessuno, non hanno genitori possessivi, non ci ci tengono ad avere eredi. Liberi, attirano la propria attenzione solo sullo scarto delle loro contraddizioni).(Dal testo in catalogo di Luciano Inga-Pin, in cat.)

Nel 1982 è invitato alla“Biennale di Venezia” dove presenta: ”Fare orecchio da mercante”, “Porco cane!”, “Gioco-Giogo” e “Replica” ed altre piccole opere. Così scrive in catalogo Tommaso Trini: ”Qui si mostrano alcune delle nuove Artventure di ricondurre l’Arte all’esperienza del dipingere e a quella non meno necessaria dell’esperienza di vedere la pittura, l’una dentro l’altra. La condizione odierna dell’artista ha tutta la duplicità e l’ambiguità di colui che dipinge il proprio mentre osserva l’altrui, di colui che vede l’identico mentre produce il diverso, e viceversa. Il suo proprio universo non può non originare da questo incrocio drogato di creatore e osservatore. La condizione odierna della pittura è d’essere comunicata e recepita come una forma stabile dell’espressione, in cui poter veicolare tutte le possibili forme del linguaggio, anche le più avanzate, al solo patto, questo sì sociale, di essere corrisposta dal pubblico degli spettatori con funzione di Arte.

In questo periodo partecipa ad altre numerose rassegne nazionali ed internazionali tra cui: (Art fair, Basel ‘81, Raj Hughes Gallery, Brisbane Australia, 1985)

Insieme a Cragg, Kapoor, Woodrow, Lavier, Opie, ed altri artisti europei ed americani espone al Lijnbaan Museum di Rotterdam nella vasta Rassegna di Nuova Oggettualità “Sculpture ‘83”.

“Paesaggio sismico” organizzata nel 1988 dagli Incontri Internazionali d’Arte a Villa Letizia di Barra è un’ampia rassegna con testi in catalogo di B. Corà e Arcangelo Izzo. In questo contesto presenta “Venditore di Napoli” del 1984…lavoro, che, iniziato a Brisbane (Raj Hughes Gallery, 1985), diventa una clonazione di forme, una proliferazione di 850 testine, una uguale all’altra, che nascono dalla terra, dal fuoco, dall’acqua, dall’aria, dalla creta, e ancora dalla memoria: centinaia di statuine di terracotta si procreano come geni incottrollabili e occupano la terra: L’origine lontana, la matrice, rottosi lo stampo, è un pastore pseudopresepiale, che stordito dalla relatività, dall’imponderabilità del caso, dalla profondità della fantasia creatrice, dall’ingegneria genetica è diventato “venditore Di Napoli”, ovvero DNA. (A. Izzo)

Nella personale “ANCORA” al Framart studio di Napoli (1990/1991) presenta installazioni di grandi dimensioni, dove gli oggetti espropriati (Trans-o-tipe), sono “meteore pneumatiche senza l’inibizione della gravità”; in questo contesto presenta, tra l’altro, il “Luminoso trasferito”: vertiginoso, virtuale attraversamento dello spazio fisico della galleria.

Negli anni successivi è invitato da Achille Bonito Oliva a varie rassegne nazionali ed internazionali tra cui: “A sud dell’Arte” (Bari, 1991), “Extrabilia” (Capua, 1991), “Paesaggio con rovine” (Gibellina, 1992).

“Orologio ad acqua” presentata all’Acquario di Napoli è la prima di alcune “esecuzioni” multidisciplinari con l’intervento di artisti, di poeti, di musicisti, cui seguono quelle presso l’Osservatorio Astronomico di Napoli (marzo1996), Il Real Orto Botanico di Napoli (maggio 1996).

Con gli interventi poetici di Gabriele Frasca e gli interventi musicali di Roberto Paci Dalò, presenta l’Anteprima di stampa del “Venditore del terzo millennio” nella rassegna: Stanze, le stanze poetiche di Villa Patrizi, a cura di Giancarlo Alfano.

“Viaggiatori senza bagaglio”, presentata dalla Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli e Provincia, dagli Incontri Internazionali d’Arte di Roma e curata da Achille Bonito Oliva, è una vasta rassegna di Orologio ad acqua, di artisti ospiti (Forg, Goldin, Luca, Nagasawa, V. Pisani) e di artisti invitati (Accetta, Franco, Frasca, Residante, Troise, Villa) inaugurata il 26 marzo 1999 presso il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa di Portici, –…nomade è il destino dell’arte. E questo affermano i viaggiatori senza bagaglio del contemporaneo nelle loro scorribande linguistiche e comportamentali. Inviati speciali nella realtà, gli artisti esplorano le diverse possibilità di “spogliarsi” di credenze e convinzioni: per viaggiare rapidamente e senza il pregiudizio della proprietà culturale dell’opera. L’arte non ama il copyright, ma piuttosto la scoperta che sbilancia il possesso e garantisce l’accesso a geografie dell’immaginario senza confini territoriali. L’unico confine che qui possiamo accettare è quello di un orizzonte garantito dalla sempiterna immagine del Vesuvio. (Achille Bonito Oliva, cat. Charta).

Selezionato dal Framart studio, è tra i protagonisti della imponente rassegna internazionale “Castelli in aria” curata dalla Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli con la quale Castel Sant’Elmo apre all’arte contemporanea. Nella suggestiva cornice del Castello presenta “Asino in mezzo ai suoni. Selfportrait” del 1982, “Grande vortice” del 1989 e il “Venditore di Napoli” del 1984.

Segnalato da Achille Bonito Oliva gli viene commissionata una scultura da installare stabilmente presso la stazione Salvator Rosa della Metropolitana di Napoli (2001). Per l’occasione realizza “Strabico”: un’opera composta da due elementi di forma ellittica che alloggiano direttamente nella parete ricurva della struttura in modo da dialogare e interagire con l’architettura di Mendini. All’occhio dello spettatore si presentano due concavità che, dilatando in modo strabico lo spazio fisico, offrono direzioni opposte senza indicarne alcuna. Lo spazio interno dei due corpi, posizionati lungo un’asse diagonale rispetto al diametro coniugato parallelo al piano di terra, è definito da una teoria di piccoli coni luminosi ed equidistanti che di/segnano geometricamente profondità apparenti e mentalmente percorribili. Strabico”, piuttosto che lo sguardo riflesso di Narciso o quello empatico di Dioniso rimanda allo sguardo obliquo e laterale di Perseo. Come quello dell’artista.

In occasione della mostra Viaggiatori senza tenutasi presso la Sala della Loggia del Museo Civico di Castel Nuovo in Napoli espone cinque O.S.M. (Oggetti Strutturalmente Meticciati) oggetti in cui la tensione linguistica o di appartenenza teoretica è superata dalla disposizione simultanea di uno o più linguaggi che ne determinano la forma, meticciata ed autonoma.

Gli viene commissionato una grande opera per la hall del Royal-Continental di Napoli: per l’occasione realizza l’istallazione su vetro ”E’ mare e rame” interagendo con la raffinatissima architettura di Frabrizio Mautone. Come il titolo bifrontale, l’opera può essere letta di fatto anche in trasparenza catturando in se il prospiciente Castel dell’Ovo.

IMPOSSIBILI è una mostra diversa dalle altre fin qui presentate. Nella straordinaria cornice della Chiesa dell’Incoronata sono esposte, infatti, trenta opere realizzate in digitale relative a progetti im-possibili di arredo urbano…..”con cui mutare luoghi e siti della cultura cittadina, scivolare oltre l’effimero della riverniciatura stagionale delle piazze, magari per ripopolarle di residui metallici rugginosi della cultura industriale al tramonto, o di fasci di riflessi per un corpo da cantare sempre elettrico, o di agglomerati di organi rabbiosi, non è altro che la prosecuzione, con altri mezzi, di quel genere malinconico, il Paesaggio con rovine, (misteriosamente annidato nelle nostre macchine da presa), con cui si è fotografata la prima cultura di massa, e dunque kitsch e autoritaria, da cui anche la nostra deriva: il Barocco” (Gabriele Frasca).

Dal 2010 è presente nella collezione del “Museo del 900” presso Castel Sant’Elmo di Napoli con l’opera “Macchina per giocare”. Nel 2012 è invitato dal Museo d’arte contemporanea Donnaregina (Museo MADRE) di Napoli a partecipare a “Save the skin”. Nel mese di ottobre dello stesso anno, nelle prestigiose Sale degli Affreschi del MANN Museo archeologico nazionale di Napoli presenta “Pompeiana” a cura di Marco De Gemmis, mostra nella quale realizza un working in progress di piccoli lavori realizzati a partire dal 1969 come: “Angeli in equilibrio”, “Bacco e il Vesuvio”, altre versioni di “Gioco delle tre carte”, “La spiaggia destinata alla gouache” che dialogano con i primi ritrovamenti di Pompei ed Ercolano. Nel 2014 espone grandi installazioni in “La memoria è quello che viene prima” presso il PAN di Napoli: ” Colpisci ora!” e “Asino allo specchio” un’opera di grandi dimensioni realizzata su cartoni da imballaggio con estensione di una video-proiezione di uno specchio d’acqua.